Il potere dell'informazione
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diario, il 12 ottobre 2010
Credo sia sotto gli occhi di tutti come al giorno d'oggi l'informazione sia divenuta un potere fondamentale, fortissimo, quasi imprescindibile.
E' in un certo senso un sovrano che pervade in lungo e in largo gli Stati comunque governati.
Che ciò sia un dato di fatto è, appunto, acclarato.
Forse, è anche un bene che sia così.
Nel mio modo di vedere le cose, quello in cui il Sapere è il cardine dell'approccio alla realtà, il potere cognitivo è indubbiamente un elemento positivo. Entrare, dunque, in possesso di informazioni, dati, conoscenze specifiche e settoriali, comunicazioni comunque diffuse... è sintomatico di un mondo che funziona e va in un direzione di progresso, almeno secondo me.
Quello che, però, mi spaventa è il fatto che esistano innumerevoli sacche di ignoranza, di diffusa latitanza dai mezzi di informazione, di ristagno delle conoscenze basilari o dei cosiddetti "luoghi comuni". Mi spaventa quella recessione culturale che, spesso, è anche regressione culturale.
E qui ritorno all'inizio. Al potere dell'informazione.
Perchè talvolta ho la percezione che sia l'informazione stessa ad alimentare quel circolo vizioso dell'ignorante che si disinteressa e regredisce.
Faccio un esempio: il Tg1 (guardacaso) che infarcisce la sua visione silviocentrica della politica italiana con notizie su cani, gatti, vacanze estive, funghi.... alimenta uno status mentale/culturale di sempiterna beatitudine, in cui nulla può essere approfondito nè introdotto in un canale di critica/discussione/comprensione maggiore. Il fruitore di siffatta informazione è inevitabilmente condannato ad una recessione culturale.
Un altro esempio. I giornali (quotidiani o periodici) che pubblicizzano sistemi di facile conseguimento di lauree o diplomi (CEPU su tutti) alimentano un circolo vizioso di non-cultura, o comunque di cultura a metà: il bello della formazione scolastica (superiore o universitaria) è proprio quel meccanismo di apprendimento progressivo, di condivisione delle discipline, di approfondimento volta per volta a seconda delle esigenze/volontà della classe... Arrivare in poco a un esame, con un solo insegnante, senza un contradditorio di pari livello (i compagni), senza il sudore e le rabbie quotidiane di chi "logora" i libri, non è merito, non è cultura, non è progresso.
Dello stesso tenore sono tutte quelle strettoie del successo facile che insegnano miti e modelli di dubbio gusto e spessore, dietro i quali spesso si celano vuoti valoriali incredibili. Penso a tutti quei modelli di affermazione come i vari reality (GF, Pupa e secchione, X factor...), nei quali non contano le doti vere, il merito intellettivo..., ma le giuste conoscenze, gli ammiccamenti, le strategie di gioco (spesso non d'astuzia, ma di inganno-raggiro-fregatura).
C'è dell'altro ancora.
L'informazione distorta, quella incompleta o, peggio, alimentata unicamente dal "sentito dire", dalla percezione di qualcosa che viene trasmesso, ma non compreso è, a mio parere, una condizione peggiore ancora della disinformazione.
Tra chi non sa e chi sa poco e male, forse sta meglio chi non sa.
Perchè la persona che ha capito poco di un problema, ne ha recepito una parte e solo quella ha rielaborato, è potenzialmente più ignorante e fastidiosa di quella che nemmeno lo conosce. (E' quasi un paradosso nel sistema del Sapere).
Vi sono tantissimi casi cui sto pensando ora: ad esempio, quelli di chi ha recepito da qualche mezzo di divulgazione che un tale fenomeno è pericoloso (diciamo per capirci una centrale nucleare, o termoelettrica). Bene: queste persone, pur magari senza avere piena contezza di come sia articolato questo fenomeno (nel nostro esempio, quali processi fisico-chimici siano in atto e da quali fonti primarie), si montano la testa con convinzioni errate, pregiudiziali e distorte e, su queste, accampano proteste, manifestazioni di qualche genere per affermarsi e affermare tali idee.
Ecco, di fronte a questo tripudio di informazioni errate o parziali, non è difficile che ci si areni. O comunque, tentare la battaglia "campale" della rieducazione è difficilissimo, quasi inutile.
Tornando a bomba, quello che sta succedendo in questi giorni/mesi è sintomatico del ruolo assunto dall'informazione, quello, cioè, di potere di affermazione di qualcuno, a danno puro di qualcun'altro. In questo il padrone della maggioranza è maestro indiscusso. Il potere dell'informazione coincide, in questi mesi, con un'arma quasi invincibile a pro del premier e a scapito degli altri, ex-alleati in primis.
Il gioco è facilissimo da spiegare: basta lavorare nell'ombra per mesi, aspettare che qualcuno faccia il passo falso di contraddire chi non si dovrebbe mai, e scatta a breve un giro di scoop, scandali, minacce... a danno di quel qualcuno. Perchè, poi, il gioco sia facile lo si capisce riflettendo in breve su quanto il padrone detenga dei mezzi informativi attualmente attivi...
Qui si dimostra che l'informazione è autenticamente un'arma.
Forse non bianca.
Di fronte a tutti questi scenari, che certo non sono tutti, viene da riflettere, almeno a me, sul fatto che la situazione sia critica. Come ho già altre volte detto, il livello culturale medio del nostro Paese sta scendendo sempre più e tutto ciò ne è la riprova.
Occorrerebbero davvero nuove politiche culturali, nuovi approcci intellettuali. Ci sarebbe bisogno di ripensare alla divulgazione del Sapere per tramite dei vari mass media: una migliore e maggiore qualità in tv, una riqualificazione del contenuto dei quotidiani, una nuova campagna di diffusione dei libri/saggi...
A tutto ciò, sicuramente, andrebbe affiancata una nuova Scuola, capace di trasmettere la passione per il Sapere, per la conoscenza, incentrata sull'alunno come discente e non come utente. Una scuola in cui al centro devono stare gli interessi dell'alunno, ma non intesi come "profitti", ma come passioni: mettere al centro non tanto il programma, quanto l'alunno che lo apprende e lo fa suo, arricchendolo con le proprie curiosità.
Rivoluzionare il mondo del Sapere è certamente possibile e non è mai tardi.
Farlo o volerlo fare, forse, un po' di più.